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Fine vita. Vescovi contrari, Bonaccini replica: "Evitiamo tribunale a chi soffre"

I vescovi dell'Emilia-Romagna esprimono la loro "preoccupazione" e "netto rifiuto" nei confronti delle scelte della Regione sul suicidio assistito. Il Governatore difende la posizione

Bonaccini

I vescovi dell'Emilia-Romagna esprimono la loro "preoccupazione" e il loro "netto rifiuto" nei confronti delle scelte dell'Emilia-Romagna sul suicidio assistito. La proposta della Regione "di legittimare con un decreto amministrativo il suicidio medicalmente assistito, con una tempistica precisa per la sua realizzazione, presumendo di attuare la sentenza della Corte Costituzionale 242/2019, sconcerta quanti riconoscono l'assoluto valore della persona umana e della comunità civile volta a promuoverla e tutelarla". Sono parole sottoscritte dall'intera Conferenza episcopale dell'Emilia-Romagna, che si è riunita in assemblea ieri a Roma.

Durante i lavori presieduti è nata una dichiarazione che esprime la netta condanna della Chiesa cattolica alla delibera varata il 5 febbraio e ritoccata ieri dalla giunta Bonaccini. "Anche noi, vescovi dell'Emilia-Romagna, pellegrini a Roma alle tombe degli apostoli- si legge nella dichiarazione- vogliamo offrire un nostro contributo, sulla base della condivisa dignità della persona e del valore della vita umana, rivolgendoci non solo ai credenti ma a tutte le donne e gli uomini". "Esprimiamo con chiarezza la nostra preoccupazione e il nostro netto rifiuto- prosegue il documento- verso questa scelta di eutanasia, ben consapevoli delle dolorose condizioni delle persone ammalate e sofferenti e di quanti sono loro legati da sincero affetto. Ma la soluzione non è l'eutanasia, quanto la premurosa vicinanza, la continuazione delle cure ordinarie e proporzionate, la palliazione, e ogni altra cosa che non procuri abbandono, senso di inutilità o di peso a quanti soffrono".

Secondo i vescovi infatti gli sviluppi della medicina e del benessere "consentono oggi cure nuove e un significativo prolungamento dell'esistenza. Si profila così la necessità di modalità di accompagnamento e di assistenza permanente verso le persone anziane e ammalate, anche quando non c'è più la possibilità di guarigione, continuando e incrementando l'ampio orizzonte delle 'cure', cioè di forme di prossimità relazionale e mediche". Il valore della vita umana, insomma, "si impone da sé in ogni sua fase, specialmente nella fragilità della vecchiaia e della malattia. Proprio lì la società è chiamata ad esprimersi al meglio, nel curare, nel sostenere le famiglie e chi è prossimo ai malati, nell'operare scelte di politiche sanitarie che salvaguardino le persone fragili e indifese, e attuando quanto già è normato circa le cure palliative. Impegno, questo, che qualifica come giusta e democratica la società".  

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La replica di Bonaccini

A stretto giro arriva la replica del Governatore Stefano Bonaccini: "Come ho già avuto modo di dire, ho il massimo rispetto di tutte le opinioni e di tutte le istanze, quando espresse con correttezza, su un tema così importante e delicato come quello del fine vita. Non posso dunque che ribadire tale approccio  anche rispetto alla dichiarazione odierna della Conferenza Episcopale dell'Emilia-Romagna, come peraltro avevo già rappresentato al presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, nei giorni scorsi. Resto disponibile ad ogni occasione di approfondimento e contributo, certo come sono che dal confronto possano venire reciproca comprensione e collaborazione, come sempre accaduto con i vescovi dell'Emilia-Romagna”.

Così il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, che prosegue: “Quanto al merito, non posso che ribadire quanto espresso: le sentenze della Corte Costituzionale si applicano, come prescrive la Costituzione italiana. Possono certamente essere discusse e non condivise, ma non disattese, in ossequio al principio di legalità. Come noto, la Corte Costituzionale si è pronunciata per colmare un vuoto sulla materia prodotto dall'inerzia prolungata del Parlamento. E lo ha fatto, ancora una volta, chiedendo alle Camere di legiferare, di discutere e approvare una legge nazionale. E questo è anche il mio auspicio”.

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“Nell'attesa che ciò avvenga- aggiunge Bonaccini- la Regione Emilia-Romagna ha disposto con propri atti amministrativi le concrete modalità di accesso all'istituto del suicidio medicalmente assistito, mettendo le strutture del servizio sanitario pubblico - indicate dalla Consulta stessa - nelle condizioni di garantire questo diritto al malato, attenendosi scrupolosamente ai dettami precisi fissati dalla sentenza dell’Alta Corte. E lo ha fatto perché ciò è dovuto in uno Stato di diritto, scongiurando viceversa quanto altrove già accaduto e ancora rischia di accadere: che un paziente, peraltro in condizioni drammatiche, debba ricorrere al giudice ordinario per vedersi riconosciuto quello che, va ribadito, è un diritto ora sancito dalla Corte costituzionale. Sono certo- chiude il presidente della Regione- che sul principio di legalità anche la Conferenza Episcopale dell'Emilia-Romagna non possa che convenire”.


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