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Affitto studenti: "Quello che non sospettavo di Bologna"

Andiamo a Bologna per affitto universitario. Ok sarà difficile trovare casa questo periodo ma sono, comunque , ottimista. Quando scendo alla stazione cerco l'orologio fermo alle 10.25 del 2 agosto 1980, sarà che di queste ore incatenate per sempre nella memoria collettiva ne sappiamo qualcosa qui a L'Aquila, ragnatela empatica, invisibile, che copre tutti noi sotto lo stesso cielo.

Abbiamo un appuntamento in centro, io e mia figlia, 23 anni. Sono le ragazze che abitano l'appartamento ad accoglierci, una di loro deve essere sostituita. Sedetevi, prego, ci sediamo, cominciano ad esaminarci. Sì, va bene, sono un po' in imbarazzo ad essere scrutata da occhi così giovani, ma poi perché? Le domande si infittiscono chi sei? Cosa fai? Da dove vieni? mentre altre persone continuano ad affollare la casa. Il via vai è continuo. Cerco di isolarmi con una di loro. Senti questa casa per noi è ok, anche se dobbiamo ricomprare i mobili. Come faccio per fermarla? E lì arriva il primo ALT, paletta rossa, divieto di accesso, abito militare, coprifuoco, esibisca documenti. L'inquilina mi dice che saranno loro a scegliere. Scrive il nostro nome in uno schedario con dettagli che possano poi identificare la candidata se verrà scelta. Esco attonita, vado nelle bacheche universitarie, chiamiamo Sì , Buongiorno, vorremmo vedere la casa. Senta ma lei è la madre? Si beh allora non va bene. Non prendiamo persone accompagnate. Ritento ad un altro numero stavolta è mia figlia che chiama ma tu verresti sola o accompagnata? Lei fa sola, forte della telefonata precedente. Ah allora non va bene preferiamo referenze di un parente lavoratore.

Stiamo calmi se possiamo! Mangiamo una sbiadita piadina e una tigella inesistente che si ferma al gozzo, due caffè senza acqua 14 € … ricominciamo mentre frotte di ragazzi dilatano e comprimono il centro storico. Meraviglioso in realtà, storia e lotte partigiane evocate ovunque, mentre dotti e sgarruppati creano questo stupendo orizzonte umano in cui il lato casciarone e trasgressivo di stenti universitari sembra, e dico sembra, competere alla grande sulla volontà di studiare. Abbiamo un altro appuntamento. E, capita l'antifona, urlo legati i capelli, sorridi, parla di te, cerca di essere convincente, seducili. Insomma comincio a sentirmi in colpa, a minare la mia autostima. Una tizia prima di darci appuntamento chiede la foto. Mi rifiuto. Un altro ci chiede il curriculum. No scusi, non cerco un posto di lavoro, solo un alloggio. Appunto rispondono su un wap bollente ormai. Dovrei dire all'insensibile tizio che quello che uno fa non sempre racconta chi uno sia. Lo lascio nelle sue algide certezze. Continuo, cacciamo i vestiti buoni, ripassiamo di fard il pallore e la stanchezza, e ancora prima di stringere la mano ci chiedono esibisca il 730, prego. Ok, mi dà fastidio, molto fastidio questo modo, però puoi starci, anche se non brillano di sensibilità umana. Ma ancora non basta, ci mettono in fila, ci faranno sapere. Molti di loro sono i proprietari che abiteranno con il loro affittuari in stanze non sempre decorose. Alla faccia… uno stipendio ci esce sicuro. L'ultimo appuntamento in tre giorni di battute ha ancora il sapore di un colloquio di lavoro. Hobby, caratteristiche caratteriali, studi, motivazioni, sei abbastanza motivata? Si, posso fermare la stanza? No le faremo sapere. Intanto solo per una doppia mi chiedono 450 € . Però e tutto compreso sussuranno con voce flautata. La singola, che era trattabile, da 450 è salita a 530, trattabile in su, quindi, viste le richieste. Mi innervosisco.

Funziona così qui a Bologna, vi capiamo, anche noi abbiamo avuto i rifiuti, dicono e non capisco perché, allora, anche loro si prestino a questo tritacarne, ben diverso dallo scegliere empaticamente una coinquilina, mentre intravedo un letto in una stanza, un miraggio, che mai avrei pensato di desiderare così tanto. Perché aprire la casa a centinaia di persone, con seccanti trafile con numero salvacode da macelleria? Non ne bastano una ventina, ma chi vogliono la Regina Elisabetta? E mentre giro in questa città che vagamente mi ricorda la mia nei colori e nella luce, trovo somiglianze e amarcord, con i bolognesi gentili, affabili, con questa storia e queste foto, nel sacrario dei partigiani in Piazza Maggiore che arrivano con una forza grandiosa nelle pagine della storia dell'Italia, e racconto a loro, che sembrano non essere consapevoli di questo sistema pazzesco che trovo frustrante e mortificante perché non ho ben capito i requisiti che devo avere per fermare una stanza oltre, ormai è chiaro, una RACCOMANDAZIONE, penso che forse si è perso il senso in questa dotta , ghiotta e rossa Bologna che mi appare di un rosso sbiadito, in realtà, appannato, snob come non avrei mai pensato, mercificante e l'unico gesto veramente generoso, senza tornaconti, è arrivato da un venditore ambulante di colore che mi ha regalato, guardandomi senza giudicarmi, una borsa in cuoio brillante questa sì, veramente rossa che addolcisce questa triste sindrome di Calimero con la quale torno nella mia città, a mani vuote.

Raffaella De Nicola - www.controparola.com


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