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"Dopo l'umanesimo. Le scienze umane e la psicoanalisi"

Daniele Barbieri: dopo l'umanesimo Le scienze umane e la psicoanalisi, lunedì 13 marzo 2017 alle ore 21.00 al CostArena a cura di officinaMentis associazione psicoanalitica.

In "Le parole e le cose" Michel Foucault traccia una storia del sapere (in particolare quello scientifico) dal Rinascimento a oggi. Come poi sarà specificato teoreticamente qualche anno dopo ne "L'archeologia del sapere", Foucault vi si mostra interessato non tanto alle continuità quanto alle impreviste differenze, agli scarti nella concezione di fondo (o episteme) su cui prendono sensi diversi - e altrettanto imprevisti - discipline la cui continuità storica sembrava assodata. Le parole e le cose si apre citando Borges, che menziona "una certa enciclopedia cinese" in cui sta scritto che "gli animali si dividono in: a) appartenenti all'imperatore; b) imbalsamati; c) addomesticati; d) maialini da latte; e) sirene; f) favolosi; g) cani in libertà; h) inclusi nella presente classificazione; i) che si agitano follemente; j) innumerevoli; k) disegnati con un pennello finissimo di peli di cammello; l) et coetera; m) che fanno l'amore; n) che da lontano sembrano mosche". È lo stupore per l'impossibilità di questa classificazione che muove Foucault ad accorgersi che ci sono differenze che tendiamo a non cogliere perché per noi esse rendono insensato il mondo, nei termini in cui siamo soliti pensarlo. Ed è proprio questo il problema, il problema del sonno antropologico, ovvero la sicurezza disinvolta con cui i promotori attuali delle scienze umane concepiscono come oggetti naturali, naturalmente dati alla loro indagine, quelli che sono solamente il prodotto dei propri presupposti epistemologici, o, meglio, della rete di discorsi che costruisce le loro discipline.

Come Foucault spiegherà meglio ne "L'archeologia del sapere", dovremmo cercare di evitare di analizzare i discorsi scientifici in termini di progetto razionale, implicitamente ponendo un soggetto che da trascendentale finisce inevitabilmente per diventare psicologico. Finché ci comportiamo così, rimarremo nell'alveo di una rassicurante prospettiva evolutiva, in termini di secolare crescita del soggetto e della ragione. Ma se incominciamo a scavare nella storia delle scienze, umane e naturali, in termini di scarto, di diversità, in termini di rete di discorsi (a prescindere dalle loro finalità dimostrative), ci accorgeremo di quanto diverso fosse il discorso scientifico dell'età Classica (dalla metà del Seicento alla fine del Settecento) da quello dell'età contemporanea, e di quanto ancora più diverso fosse quello del Rinascimento; nonché di quanto diversamente in queste tre prospettive si venisse delineando il rapporto tra le parole e le cose. Il concetto di episteme, che Foucault sviluppa facendo riferimento alla rete di discorsi, anche diversissimi tra loro, che sta alla radice delle costruzioni del sapere di un'epoca, non dev'essere pensato come una Weltanschauung. Non è cioè una concezione del mondo, perché si deve evitare di pensare nei termini di un soggetto (anche soggetto sociale) che concepisce. È piuttosto un sistema di impreviste differenze, di scarti, nei cui termini le scienze organizzano il proprio discorso in ciascuna specifica epoca. Persino il concetto di uomo, tanto centrale per noi, non ha, per Foucault, più di due secoli, almeno nel modo in cui lo pensiamo oggi. Così, Le parole e le cose si rivela come il necessario pendant della "Storia della follia". Mentre in quest'ultima "si ricercava il modo in cui una cultura può porre in forma generale e massiccia la diversità che la limita" ne "Le Parole e le cose" si cerca "di osservare il modo in cui essa [la cultura] sperimenta l'affinità delle cose, il modo in cui instaura il quadro delle parentele e l'ordine in cui bisogna seguirle". E nemmeno la psicoanalisi sfugge a questa rivelatoria osservazione.

Daniele Barbieri, semiologo, si occupa di comunicazione, in particolare visiva, ma anche di poesia e di musica. Insegna presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna, l'ISIA di Urbino, l'Università di S.Marino. È tra i principali studiosi del fumetto in Italia. Altre info su www.danielebarbieri.it. Tra i volumi pubblicati: Valvoforme valvocolori (Idea Books 1990), I linguaggi del fumetto (Bompiani 1991), Questioni di ritmo (Eri/Rai 1996), Nel corso del testo (Bompiani 2004), Breve storia della letteratura a fumetti (Carocci 2009, nuova ed. 2014), Il pensiero disegnato (Coniglio 2010), Guardare e leggere (Carocci 2011), Il linguaggio della poesia (Bompiani 2011), Maestri del fumetto (Tunuè 2012).


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