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Tributo a Bob Dylan: “No direction home"

Erano tanti gli spettatori che nel novembre 2005 hanno assiepato le file del teatro-cinema Medica Palace di Bologna per assistere alla proiezione di No direction Home: Bob Dylan, presentato dalla viva voce del suo autore, il grandissimo Martin Scorsese, giunto nel capoluogo emiliano per ricevere la laurea honoris causa in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale. Ma, ciò che più conta, è che nessuno degli spettatori si è mosso dalla sua poltrona fino al termine della proiezione dell'opera dedicata alla figura di Bob Dylan, nonostante la durata fluviale di 207 minuti.

"Questo film è un atto d'amore", ha dichiarato il regista italo-americano di fronte a Giuseppe Bertolucci, presidente della Cineteca di Bologna, e a Ermanno Olmi, " che all'inizio non volevo fare. Mi ha convinto Jeff Rosen, manager e amico di Dylan da 26 anni, che è venuto da me con tanto materiale inedito d'archivio e un'intervista di 5 giorni e 10 ore che lui stesso aveva realizzato a Dylan. Quella sarebbe stata l'ultima che il cantautore avrebbe concesso, l'ultima occasione nella quale avrebbe parlato di se e della sua carriera. Avevo un'unica condizione: terminare il racconto al 1966". Per quest'odissea rock & roll (come l'ha definita David Fricke sulle pagine di "Rolling Stone"), Scorsese ha applicato lo stesso processo creativo impiegato per gli altri documentari della sua intensa filmografia, come The Last Waltz (L'Ultimo Valzer) 1978 forse il più bello di tutti e Da Mali a Missisipi quello su George Harrison: Living in the Material World 2011 e Shine a Light 2008 come Il mio viaggio in Italia e Un secolo di cinema. Viaggio nel cinema americano, facendo procedere in parallelo la lavorazione dei documentari con quella dei suoi film di fiction. Questo progetto, dalla gestazione di tre anni e mezzo, ha visto la luce nel periodo in cui il leggendario cineasta di Taxi Drivere Toro scatenato aveva terminato Gangs of New York e si apprestava a iniziare la pre-produzione di The Aviator.

E David Tedeschi, il montatore di No direction Home: Bob Dylan, lavorava in una stanza a fianco del laboratorio nel quale Scorsese e Thelma Shoomacher erano impegnati nel montaggio del film interpretato da Leonardo Di Caprio. Martin Scorsese ha raccontato di come facesse la spola tra le due stanze, a volte quotidianamente, a volte dopo due mesi: "seguire anche i documentari ha su di me un effetto energizzante e di stimolo che viene in questo caso dalla musica". Pur non essendo un'autorità in materia o un intenditore di musica folk, Scorsese ha voluto imprimere alla pellicola una precisa linea narrativa, analizzando anche le implicazioni politiche che questo genere musicale veicolava negli anni Sessanta. No direction Home: Bob Dylan parla di come un artista crea la sua visione, a costo di essere accusato di tradimento da parte dei suoi fan. "Con questo film", _ ha concluso il cineasta - sempre umile, simpatico e appassionato di fronte al suo pubblico - "_sentivo l'urgenza di dare voce al Midwest americano e al Greenwich Village degli anni Cinquanta-Sessanta restituendo alle giovani generazioni il senso di quegli anni. Al centro del film, però, ci sono gli occhi di Bob Dylan".


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