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Le 7 mostre da vedere a ottobre

Pittura e fotografia, storia e archeologia. Palazzi storici e musei aprono le porte a esposizioni imperdibili inaugurando l'autunno con una bella proposta culturale

Le mostre d'autunno a Bologna. Una stagione che comincia bene grazie a una serie di esposizioni interessanti che vanno dalla pittura alla fotografia, fra storia e installazioni contemporanee. Alcuni eventi chiudono questo mese, quindi è il caso di decidersi a visitarle visto che siamo agli sgoccioli. 

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Le sagre del mese: ottobre di tartufo e castagne

Ecco le 10 mostre da non perdere a Bologna nel mese di ottobre 

1. "Image Capital": gli scatti di Armin Linke e della storica della foto Estelle Blaschke

"Image Capital" è la mostra del fotografo Armin Linke e della storica della fotografia Estelle Blaschke, curata da Francesco Zanot, che resterà in esposizione alla Fondazione MAST fino all'8 gennaio 2023. La mostra è suddivisa in sei sezioni – MEMORY, ACCESS, PROTECTION, MINING, IMAGING, CURRENCY – che raccontano il ruolo della fotografia come tecnologia dell'informazione. Una vasta selezione di interviste, video, immagini d’archivio, pubblicazioni e altri oggetti originali offrono agli spettatori una narrazione-esperienza tanto immersiva quanto stratificata sul ruolo della fotografia nella società contemporanea. L'esposizione sarà accompagnata da un programma di eventi e attività didattiche legati ai temi della mostra, con ingresso gratuito su prenotazione. Martedì-domenica ore 10-19; in occasione di eventi serali 10-22. 

2. "No neon, no cry": la storia della galleria Neon

La Project Room del MAMbo torna a giocare il suo ruolo di contenitore tematico che accoglie, ricostruisce, racconta e valorizza le esperienze artistiche del territorio bolognese ed emiliano-romagnolo.  La mostra NO, NEON, NO CRY , a cura di Gino Gianuizzi, che tenta una narrazione della complessa, sfaccettata, “disordinata” storia della galleria neon.

Nata nel 1981 senza un programma, senza strategia, senza budget e senza obiettivi predeterminati, neon è stata un laboratorio permanente, una comunità per artisti, critici e curatori e un luogo di formazione per tutte le persone che vi hanno collaborato. Dal suo archivio risultano oltre trecento mostre all’attivo, alle quali si sono aggiunte nel tempo numerosissime attività collaterali, collaborazioni e iniziative esterne.
Questa immensa mole di materiali ha posto una sfida al curatore, da sempre anima della galleria: come approcciarsi alla magmatica attività ultra quarantennale di neon per raccontarla attraverso una mostra, senza limitarsi al progetto strettamente documentale o, all’opposto, tentare un impossibile “best of” degli artisti e delle opere che vi hanno trovato accoglienza.

La risposta di Gino Gianuizzi è il ricorso alla formula della wunderkammer : lo spazio della Project Room del MAMbo verrà abitato da opere in proliferazione, da un accumulo visivo in cui inoltrarsi con circospezione tentando di decifrare i singoli lavori e di ricondurli agli artisti. Una sorta di organismo complesso, una comunità che continua a dialogare, discutere, mettere in dubbio e a rafforzarsi nella contaminazione. Sebbene sia volutamente escluso l’approccio sistematico e ancor di più il percorso cronologico, in mostra sono rintracciabili testimonianze dei diversi momenti che neon ha vissuto nel tempo, dagli inizi della sua attività - nel clima della Bologna post ’77 - ad oggi.

NO, NEON, NO CRY include lavori di 52 artiste e artisti, a testimoniare la ricchezza di relazioni costruite nel tempo da neon: Aurelio Andrighetto, Alessandra Andrini, Sergia Avveduti, Fabrizio Basso, Francesco Bernardi, Maurizio Bolognini, Ivo Bonacorsi, Anna Valeria Borsari, Domenica Bucalo, Angelo Candiano, Maurizio Cattelan, Silvia Cini, Gianluca Codeghini, Daniela Comani, Cuoghi Corsello, Maria Novella Del Signore, Nico Dockx, Drifters, Emilio Fantin, Francesco Gennari, Patrizia Giambi, Paolo Gonzato, Gian Paolo Guerini, Nazzareno Guglielmi, M+M, Mala Arti Visive, Eva Marisaldi, Maurizio Mercuri, Dörte Meyer, Giancarlo Norese, Giovanni Oberti, Marco Pace, Paolo Parisi, Chiara Pergola, Alessandro Pessoli, Gianni Pettena, Marta Pierobon, Leonardo Pivi, Premiata Ditta, Marco Samorè, Fabio Sandri, T-yong Chung, Alessandra Tesi, Diego Tonus, Tommaso Tozzi, Luca Trevisani, Massimo Uberti, Maurizio Vetrugno, Luca Vitone, Francesco Voltolina, Wolfgang Weileder, Alberto Zanazzo. Orari di apertura ordinari: martedì e mercoledì h 14-19; giovedì h 14-20; venerdì, sabato, domenica e festivi h 10-19. Ingresso: € 6,00 intero - € 4,00 ridotto

3. Morandi racconta. Il segno inciso: tratteggi e chiaroscuri

RE-COLLECTING. Morandi racconta. Il segno inciso: tratteggi e chiaroscuri. La mostra costituisce il quinto ed ultimo appuntamento del ciclo di focus espositivi denominato RE-COLLECTING, ideato da Lorenzo Balbi, per approfondire temi legati alle collezioni permanenti del MAMbo e del Museo Morandi indagandone aspetti particolari e valorizzandone opere solitamente non visibili o non più esposte da tempo.

L'esposizione, a cura di Lorenza Selleri, si concentra sulla tecnica dell'acquaforte, di cui Giorgio Morandi fu maestro eccelso. Maestro in senso stretto, dal momento che dal 1930 diventa docente di Tecnica dell'Incisione all'Accademia di Belle Arti di Bologna, ma anche in senso lato dato che dalla sua straordinaria capacità tecnica e dal suo rigore non si può prescindere. Egli infatti si dedicò alla grafica, e in particolare all’acquaforte, con un impegno pari a quello dedicato alla pittura (“dipingo e incido paesaggi e nature morte”, dichiarò egli stesso nel 1937), tanto che ne divenne un interprete straordinario, tra i più significativi di tutto il panorama europeo del suo tempo.

Sette delle quattordici acqueforti esposte entrarono a far parte del patrimonio del Comune di Bologna nel 1961 quando Morandi le donò, conservando l’anonimato, in occasione del riordino delle raccolte della Galleria d’Arte Moderna allora ubicata presso Villa delle Rose. Accanto a queste opere si potranno vedere gli strumenti necessari per la realizzazione di un’acquaforte, alcuni fogli appartenenti a collezioni private concessi in comodato gratuito al museo in tempi più o meno recenti, e la stampa della sola lastra, ad oggi nota, che Morandi incise con la tecnica della cera molle.

Completano l'esposizione una selezione di lettere, fotografie e documenti inediti provenienti dall'Archivio Storico dell'Accademia di Belle Arti di Bologna.

Orari di apertura ordinari:
martedì e mercoledì h 14-19
giovedì h 14-20
venerdì, sabato, domenica e festivi h 10-19

Ingresso:
gratuito nei giorni 7, 8, 10, 11, 12, 13, 14 e 15 maggio / € 6,00 intero - € 4,00 ridotto

4. Off Balance @Bologna Attiva di Giovanna Dell’Acqua

Dal 6 al 16 ottobre 2022 "Off Balance @Bologna Attiva", la mostra fotografica di Giovanna Dell’Acqua al capannone Officina - DumBO (via Casarini 19). Il progetto Off Balance, realizzato all’inizio del 2021 ed incentrato sulla situazione di instabilità che l’industria musicale ha vissuto a seguito della pandemia del Covid-19, Off Balance è stato il primo progetto fotografico ad aver inaugurato lo spazio
espositivo temporaneo della Sala della Musica, presso la Biblioteca Salaborsa di Bologna.
Nella mostra della fotografa, si alternano ritratti di musicisti lasciati senza un palco mentre suonano dove non dovrebbero suonare ovvero tra le pareti domestiche, a fotografie di alcuni dei locali e teatri bolognesi più frequentati che in quel periodo si sono trovati senza spettacoli e senza pubblico.

Off Balance, il bilanciamento dei volumi è sballato, il punto di ascolto pende pericolosamente da una parte, da un lato la musica risuona tra le pareti domestiche, dall’altro un silenzio presente echeggia nei locali vuoti. Off Balance, però, significa anche fuori bilancio, uno sbilanciamento determinato dalla più grande emergenza sanitaria degli ultimi cento anni, che dopo l’uscita del DPCM del 4 marzo 2020, ha obbligato il Governo a mettere un freno ad ogni manifestazione pubblica e privata che comportasse sovraffollamento. Il blocco degli spettacoli ha investito anche gran parte del 2021, con conseguenze economiche devastanti soprattutto per live club e teatri che per molto tempo hanno dovuto fronteggiare l’annullamento di tutti gli eventi programmati. In quel periodo però, non preoccupava solo l’aspetto economico ma anche i conseguenti effetti che questo blocco della cultura musicale avrebbe imposto alla nostra quotidianità; i
concerti dal vivo sono stati momentaneamente sostituiti da concerti in streaming, per creare una sorta di placebo che sopperisse la mancanza di uno spettacolo durante il quale scatenarsi e cantare a squarciagola.Ne è purtroppo derivato il totale annientamento che il ruolo della musica del vivo ha sempre avuto, ovvero creare una condivisione fisica collettiva, a cui la nostra società non potrà mai rinunciare, perché tutti noi ogni giorno abbiamo bisogno di una colonna sonora.

Giovanna Dell'Acqua è nata nel 1985 a Bologna, città in cui attualmente vive e lavora. Si laurea nel 2013 in Storia dell’Arte, con una tesi in Psicologia dell’Arte. La sua formazione umanistica e l’interesse per problematiche sociali connesse alla cultura urbana e ai suoi
spazi hanno orientato il suo linguaggio fotografico verso il reportage. Nel 2020 espone in una collettiva all'International Center of Photography di New York, vince il Runner-up Prize nell'ambito del Gwacheon Bio-Art International Contest in Corea del Sud. I suoi progetti vengono pubblicati da Witness Journal, La Repubblica Bologna, Il Corriere di Bologna e Il Sole 24 ore. La mostra ad ingresso gratuito sarà visitabile dalle ore 10 alle 20 presso il capannone Officina di DumBO, via Casarini 19, Bologna.

5. Palazzo Fava: due mostre, stesso tema. La luce 

La luce come scintilla della creazione artistica, come simbolo del divino, del materno e della natura, spesso in contrapposizione al buio come forza oscura e male. Alla funzione che la luce ha assunto nella storia dell’arte è dedicata la mostra “Fiat Lux. Luci nelle collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna”, in programma dal 29 settembre al 27 novembre prossimi al Piano nobile di Palazzo Fava, il Palazzo delle Esposizioni del circuito Genus Bononiae. Musei nella città di Bologna.

La mostra, a cura di Benedetta Basevi e Mirko Nottoli, indaga la dialettica tra luce e ombra sul piano artistico: dall’uso dell’oro nelle icone bizantine ai chiaroscuri caravaggeschi, dalla pittura impressionista all’arte contemporanea. Sono 45 le opere in mostra tra dipinti, sculture e installazioni, dal XV secolo ai giorni nostri, provenienti dalle collezioni d’arte della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna.Arricchiscono il percorso espositivo alcuni brani letterari e QR Code che rimandano a estratti di film, documentari e podcast radiofonici legati al tema di mostra per allargarne la possibilità di fruizione e costruire rimandi e suggestioni.

Si collega al tema della luce anche la mostra al secondo piano di Palazzo Fava, “Giambattista Piazzetta. L’ingegnoso contrasto dei lumi” a cura di Francesco Paolo Petronelli, omaggio ad uno dei pittori più originali ed enigmatici nel variegato panorama artistico veneziano del Settecento, che lasciò la sua città solo una volta per venire a Bologna ad ammirare l’arte dei Carracci - che proprio a Palazzo Fava avevano realizzato il loro primo ciclo di affreschi su commissione - e del Guercino. La sua pittura, fatta di forti contrasti chiaroscurali, è mostrata nel percorso espositivo attraverso le incisioni dei più importanti artisti veneti del Settecento. La mostra intende riscoprire il legame di Piazzetta con Bologna e con l’Accademia Clementina, dalla quale fu nominato Accademico d’Onore, e gli intensi rapporti culturali e artistici esistenti tra le due città nel secolo dei Lumi.

6. "I pittori di Pompei" al Museo Civico Archeologico di Bologna

Al Museo Civico Archeologico di Bologna "I pittori di Pompei", una delle mostre più attese della stagione espositiva autunnale in Italia. Curata da Mario Grimaldi e prodotta da MondoMostre, l’esposizione è resa possibile da un accordo di collaborazione culturale e scientifica tra Comune di Bologna | Museo Civico Archeologico e Museo Archeologico Nazionale di Napoli che prevede il prestito eccezionale di oltre 100 opere di epoca romana appartenenti alla collezione del museo partenopeo, in cui eù conservata la piuù grande pinacoteca dell’antichitaù al mondo. Il progetto espositivo pone al centro le figure dei pictores, ovvero gli artisti e gli artigiani che realizzarono gli apparati decorativi nelle case di Pompei, Ercolano e dell’area vesuviana, per contestualizzarne il ruolo e la condizione economica nella societaù del tempo, oltre a mettere in luce le tecniche, gli strumenti, i colori e i modelli. L’importantissimo patrimonio di immagini che questi autori ci hanno lasciato - splendidi affreschi dai colori ancora vivaci, spesso di grandi dimensioni - restituisce infatti il riflesso dei gusti e i valori di una committenza variegata e ci consente di comprendere meglio i meccanismi sottesi al sistema di produzione delle botteghe. Sono pochissime le informazioni giunte a noi sugli autori di queste straordinarie opere e quasi nessun nome ci eù noto. Grazie alle numerose testimonianze pittoriche conservate dopo l’eruzione avvenuta nel 79 d.C. e portate alla luce dalle grandi campagne di scavi borbonici nel Settecento, le cittadine vesuviane costituiscono un osservatorio privilegiato per comprendere meglio l’organizzazione interna e l’operato delle officine pittoriche. A Bologna, per la prima volta, viene esposto un corpus di straordinari esempi di pittura romana provenienti da quelle domus celebri proprio per la bellezza delle loro decorazioni parietali, dalle quali spesso assumono anche il nome con cui sono conosciute. Capolavori - solo per citarne alcuni - dalle domus del Poeta Tragico, dell’Amore punito, e dalle Ville di Fannio Sinistore a Boscoreale, e dei Papiri a Ercolano.
Il visitatore puoù ammirare un’ampia selezione degli schemi compositivi piuù in voga nei diversi periodi dell’arte romana, osservando come alcuni artisti sapessero conferire una visione originale di modelli decorativi continuamente variati e aggiornati sulla base di mode e stili locali.Rivivere scene di accoglienza dell’ospite, raffinate immagini di paesaggi e giardini, architetture, ma anche ammirare gli strumenti tecnici di progettazione ed esecuzione del lavoro: colori, squadre, compassi, fili a piombo, disegni preparatori, reperti originali ritrovati nel corso degli scavi pompeiani, comprese coppe ancora ripiene di colori risalenti a duemila anni fa. E, ancora, triclini, lucerne, brocche, vasi, riaffiorati negli scavi e raffigurati proprio negli affreschi in mostra, con i quali dialogavano nello spazio. La mostra propone infine la ricostruzione di interi ambienti pompeiani come quelli della Casa di Giasone e, ancora di piuù della straordinaria domus di Meleagro con i suoi grandi affreschi con rilievi a stucco, per raccontare il rapporto tra spazio e decorazione, frutto della condivisione di scelte e di messaggi da trasmettere, tra i pictores e i loro committenti. Se nel mondo della Grecia classica i pittori erano considerati “proprietà dell’universo” - come ricorda Plinio il Vecchio a sottolinearne l’importanza ed il ruolo - al tempo dei romani, i pictores erano visti come abili artigiani, e solo alcuni di loro conquistarono, per la qualità e la raffinatezza delle loro creazioni, il ruolo di artisti.

7. Sekhmet, la Potente

Fino al 31 dicembre 2023 un'ospite di eccezionale rilievo troverà dimora presso il Museo Archeologico di Bologna grazie al progetto espositivo Sekhmet, la Potente. Una leonessa in città, a cura di Daniela Picchi. L'iniziativa è resa possibile dalla generosa collaborazione con cui il Museo Egizio di Torino ha concesso in prestito uno dei suoi capolavori più rappresentativi: una statua colossale di Sekhmet, materializzazione terrestre della temibile divinità egizia con testa di leonessa e corpo di donna, di cui il museo torinese conserva una delle più grandi collezioni al di fuori dell'Egitto, composta da 21 esemplari.

Divinità dalla natura ambivalente, al contempo di potenza devastatrice e dispensatrice di prosperità, Sekhmet, ovvero “la Potente”, venne raffigurata in varie centinaia di statue per volere di Amenhotep III, uno dei faraoni più noti della XVIII dinastia (1388-1351 a.C.), allo scopo di adornare il recinto del suo “Tempio dei Milioni di Anni” a Tebe Ovest.
Alcuni studiosi ipotizzano che il gigantesco gruppo scultoreo fosse composto da due gruppi di 365 statue, una in posizione stante e una assisa per ogni giorno dell'anno, così da creare una vera e propria “litania di pietra”, con la quale il faraone voleva pacificare Sekhmet tramite un rituale quotidiano. La regolarità dei riti in suo onore servivano infatti a placarne l'ira distruttrice che la caratterizzava quale signora del caos, della guerra e delle epidemie, trasformandola in una divinità benevola e protettrice degli uomini.

Nella collezione egizia del Museo Civico Archeologico di Bologna è presente il busto di una di queste sculture che - grazie al confronto con la Sekhmet seduta in trono proveniente dal Museo Egizio di Torino - potrà così riacquistare, almeno idealmente, la propria integrità creando una proficua occasione di confronto e ricerca scientifica. La statua sarà esposta nell'atrio monumentale di Palazzo Galvani e andrà ad arricchire un importante repertorio di materiali lapidei, sia di proprietà civica, tra i quali un raro busto in marmo di Nerone, sia di proprietà statale, che la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara ha depositato presso il museo. Dall'alto dei suoi 2,13 metri di altezza, Sekhmet potrà così accogliere il pubblico e introdurlo alla visita della collezione egizia, continuando a svolgere quella funzione protettrice per la quale era stata commissionata da Amenhotep III mentre, al suo cospetto, il visitatore potrà rivivere la stessa emozione che il sacerdote dell'antico Egitto doveva provare quando entrava nel cortile del Tempio per pronunciare il nome della “Potente” e invocarla nelle sue preghiere per placarla e propiziare ogni estate la fertile esondazione delle acque del Nilo.


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