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Bologna Jazz Festival: gli appuntamenti del 27 ottobre

Appuntamenti a Bologna di venerdì 27 ottobre. Dopo l’esordio in trasferta a Cento, l’edizione 2017 del Bologna Jazz Festival arriva nel capoluogo emiliano, dove riceverà una informale inaugurazione venerdì 27 ottobre nel lussuoso contesto della Galleria Cavour. Qui alle ore 18 si terrà l’aperitivo “La Màquina Parlante”, in compagnia dei suoni techno-vintage di Matteo Scaioli (grammofoni, elettronica).

Ma il momento più atteso di questa prima giornata bolognese del BJF 2017 è il concerto che si terrà al Teatro Il Celebrazioni (ore 21:15): Matthew Herbert (elettronica), Enrico Rava(tromba) e Giovanni Guidi (pianoforte) porteranno ai massimi livelli il connubio tra jazz acustico e musica elettronica, tra improvvisazione e campionamenti in diretta. Il concerto è realizzato in collaborazione con Robot e Reverb.

Alle ore 23, con l’Alkord Quartet (più jam session a seguire) si inaugurano anche gli appuntamenti live al Binario 69, il nuovo acquisto nella ricca mappa di club che ospitano la programmazione del BJF.

Incontro al vertice tra due ‘guru’ e un apprendista stregone: Matthew Herbert, consacrato maestro dell’elettronica, Enrico Rava, voce storica e fondamentale del jazz europeo, Giovanni Guidi, talento emergente cresciuto alla corte jazzistica di Rava ma di casa anche sui dancefloordei festival di musica elettronica. E mentre Guidi affronta il pianoforte col suo approccio marcatamente percussivo, talvolta anche rumorista, e Rava tende a sfoderare frasi in crescendo di intensità, Herbert campiona e riassembla tutto in presa diretta. Ne scaturiscono atmosfere avvolgenti, motivi affilati, squarci lirici, architetture ritmiche in continua metamorfosi: nel calderone degli stili si fondono i confini tra jazz, elettronica, techno, musica concreta. L’interplaydiventa talmente serrato da trasformarsi in rito sciamanico, in liberazione di un’energia primordiale.

L’attività musicale del britannico Matthew Herbert si è rivolta al cinema, il teatro, Broadway, la tv e anche i videogiochi. La sua comparsa sulla scena dell’elettronica negli anni Novanta rivoluzionò le carte del genere, con la sua personale concezione della trasformazione sonora, dal rumore alla musica e viceversa (indicativi, in tal senso, i brani techno che ha creato partendo dal suono di una lattina di soda o di un pacchetto di patatine vuoto accartocciato). Nel corso della sua carriera ha adottato vari pseudonimi (Radio Boy, Wishmountain, Doctor Rockit, Mr. Vertigo, Best Boy Electric), anche in base alle varie traiettorie stilistiche, tra nu-jazz, dance, musica concreta. Ha remixato lavori per Quincy Jones, Serge Gainsbourg ed Ennio Morricone.

Personalità umana e musicale fuori da ogni schema, incapace di ripetersi, Enrico Rava non esita a cimentarsi periodicamente con nuove avventure musicali. Non meraviglia quindi che si metta ora in gioco al fianco di una figura come Matthew Herbert: uno spostamento di traiettoria che ben si inquadra nel giro del jazz a 360° di Rava, con i suoi spostamenti trasversali tra sperimentalismo e mainstream. Musicista rigoroso quanto incurante delle convenzioni, Rava ha creato un linguaggio solistico immediatamente riconoscibile i cui punti di forza sono la sonorità lirica, il fraseggio spezzato e scattante, la freschezza tematica delle composizioni.

Enrico Rava (nato nel 1939 a Trieste) si ispira inizialmente a figure carismatiche come Chet Baker e Miles Davis. Si avvicina però ben presto all’avanguardia, suonando con Gato Barbieri, Don Cherry, Mal Waldron e Steve Lacy. In seguito, trasferitosi a New York per una decina d’anni, collabora con altri musicisti sperimentatori come Roswell Rudd, Marion Brown, Cecil Taylor, Carla Bley. Poi ha progressivamente trovato un approccio al mainstream di notevole individualità. La personalità di Rava è unica per il modo in cui ha saputo dare frutti eccellenti sia nel campo del jazz di ricerca (specie nella prima parte della sua carriera) che nel solco della tradizione.

Votato a un modernismo accattivante dalle armonizzazioni poco convenzionali, in bilico tra rarefazione billevansiana ed esplosioni ceciltayloriane, lo stile pianistico di Giovanni Guidi è immediatamente riconoscibile indipendentemente dal contesto che lo accoglie, dai suoi soli, piccoli gruppi ed ensemble allargati alla sua partecipazione a formazioni altrui (in primis quelle di Enrico Rava, che è stato ed è tutt’ora per Guidi una sorta di mentore, avendolo rivelato nella sua band Under 21 e da allora avendo continuato a convocarlo in vari altri organici). Nonostante la sua ancora giovane età (è nato a Foligno nel 1985), Guidi ha già fatto man bassa di premi e riconoscimenti (incluso il Top Jazz come “migliore nuovo talento” nel 2007) e sta prendendo il largo sulla scena internazionale.

Ideata da Matteo Scaioli, strumentista, compositore e produttore, “La Màquina Parlante” unisce la tecnologia più avanzata (mixer, delay, elettronica) a quella più antica (grammofoni a manovella di vari tipi). Matteo Scaioli ci trasporta in un viaggio nel tempo dalle suggestive atmosfere, spaziando dalle melodie dei primi anni Trenta agli ultimi 78 giri degli anni Sessanta. Un Dj set che ci restituisce il graffio e l’imperfezione, creando un’atmosfera calda e assolutamente unica.


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