Economia

Come lo smart-working sta cambiando il nostro mondo

La grande diffusione del lavoro da remoto può avere impatti profondi a livello sociale, economico e per lo sviluppo dei territori. Di che tipo? Indagano gli studiosi di REMAKING, progetto di ricerca coordinato dal professor Di Tommaso, Unibo

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La grande diffusione del lavoro da remoto avvenuta negli ultimi anni non è soltanto utile per favorire a livello individuale un'organizzazione flessibile dell'attività lavorativa, ma può avere impatti profondi anche a livello sociale, economico e per lo sviluppo dei territori. Che tipo di impatti? Cercheranno di capirlo gli studiosi di REMAKING, nuovo progetto di ricerca Horizon Europe coordinato dal professor Marco Di Tommaso dell’Università di Bologna.

Il progetto darà vita a una ricerca partecipativa in una serie di città e di aree rurali di sette paesi europei, oltre all’Ucraina e uno di questi casi studio sarà proprio Bologna, con la sua Città Metropolitana. L'obiettivo è mettere a capire in che modo si possono bilanciare le opportunità e le criticità che nascono con la diffusione del lavoro da remoto.

"Alla base di REMAKING c'è la consapevolezza dei megatrend in corso, come la trasformazione digitale e la flessibilizzazione dei modelli produttivi, che hanno permesso lo sviluppo del lavoro da remoto, e dagli shock recenti, come la pandemia e la guerra in Ucraina, che ne hanno consolidato la diffusione", spiega Marco Rodolfo Di Tommaso, economista al Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali dell’Università di Bologna. "Questo perché conoscere da vicino i molteplici effetti prodotti dal lavoro da remoto sugli individui, sui modelli di business e sulla sfera socio-economica potrebbe contribuire a plasmare i cambiamenti strutturali sociali, economici e spaziali in corso".

Gli studiosi indagheranno come le diverse modalità di lavoro a distanza possano influenzare i territori, concentrandosi sulle dinamiche che possono innescarsi tra ambiente urbano e aree rurali e sugli impatti sulle comunità locali, anche per quanto riguarda gli aspetti etici, sociali e l'occupazione. Senza dimenticare il tema delle disuguaglianze. Si stima infatti che solo il 37% dei lavoratori dell'Unione Europea svolge professioni adatte al lavoro da remoto: un dato che potrebbe aggravare le distinzioni territoriali e socio-economiche già esistenti.

"La diffusione del lavoro da remoto ha il potenziale di decentrare i posti di lavoro, creando opportunità sia per le aree urbane che per quelle rurali", dice ancora Di Tommaso. "Nelle città, questo fenomeno potrebbe avere impatti significativi sulla mobilità urbana ma anche sui consumi e il mercato immobiliare, mentre nelle aree rurali potrebbe creare maggiore dinamismo e attrarre nuovi investimenti sul fronte di servizi essenziali come l'assistenza sanitaria e i trasporti".

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Obiettivi

Grazie all'analisi dei casi di studio, incluso quello di Bologna, i ricercatori di REMAKING otterranno quindi risposte non solo sulle implicazioni della diffusione del lavoro da remoto per lo stile di vita, la salute e la sicurezza, ma anche rispetto alle conseguenze a livello territoriale e sociale. In questo modo sarà possibile accompagnare sia le sia le aree urbane che quelle rurali attraverso queste trasformazioni, affrontando le sfide e le opportunità che potranno emergere.


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